Newsletter 4/2019

Corte di Cassazione: sentenza n. 9555 del 18/04/2018

Trattiamo questa volta dell’articolo 126 bis del codice della strada relativo alle comunicazioni che devono essere effettuate a carico del conducente responsabile di una violazione e, in caso di mancata identificazione di quest’ultimo, da parte del proprietario del veicolo.

L’obbligo di comunicazione dei dati ai sensi dell’art. 126 bis codice della strada da parte del proprietario dell’autoveicolo/automezzo sanzionato è  un tema è molto dibattuto.

Con la sentenza interpretativa n. 165 del 2008 la Corte Costituzionale aveva osservato che deve essere riconosciuta al proprietario del veicolo la facoltà di esonerarsi da responsabilità, fornendo la prova della impossibilità di rendere una dichiarazione diversa dalla sola affermazione di non conoscere i dati personali e della patente del conducente che ha commesso l’infrazione.
La Corte precisava altresì che è necessario prevedere delle esimenti o delle cause di giustificazione realmente esistenti e fondate.

Alla luce di tale importante pronuncia, la Cassazione con la sentenza ora qui in esame conclude affermando che in linea generale, resta sanzionabile la condotta di chi non ottemperi alla richiesta di comunicazione dei dati personali e della patente di guida. D’altra parte, qualora tuttavia la risposta sia stata fornita, anche se in termini negativi, è opportuno che il Giudice di merito verifichi l’idoneità delle giustificazioni fornite dall’interessato per valutare se sia opportuno o meno escludere la presunzione di responsabilità posta a carico del dichiarante.
La Cassazione ha affermato in altre parole che ai fini dell’applicazione dell’art. 126 bis C.d.S. occorre distinguere il comportamento di chi si disinteressi proprio della richiesta di comunicare i dati personali e della patente del conducente, non ottemperando, così in alcun modo all’invito rivoltogli, rispetto al comportamento di chi fornisca una dichiarazione di contenuto sia pure negativo, valutandone, caso per caso, la legittimità anche alla luce delle caratteristiche delle singole fattispecie concrete sottoposte al giudizio del Giudice di merito.

Aggiungiamo per completezza che in tempi più risalenti, con la pronuncia n. 12842/2009, la Corte di Cassazione si era pronunciata sempre con lo stesso principio di diritto, affermando che il proprietario di un veicolo, in quanto responsabile della circolazione dello stesso nei confronti della P.A. o dei terzi, è tenuto sempre a conoscere l’identità dei soggetti ai quali affida la conduzione e, di conseguenza, a comunicare tale identità all’autorità amministrativa che gliene faccia legittima richiesta, al fine di contestare un’infrazione amministrativa.
Questo era, ed è tutt’ora, l’orientamento prevalente della Suprema Corte, la quale a più riprese ha specificato che l’inosservanza del dovere di fornire le informazioni del conducente da parte del proprietario del veicolo è sanzionabile in base al combinato disposto degli art. 126 bis e 180 C.d.s..
La Corte non ha inteso, pertanto, distinguere la sanzionabilità della condotta del proprietario che omette di rispondere alle domande della P.A., bensì ha più semplicemente specificato l’opportunità di distinguere tra una condotta di totale e categorico rifiuto a ottemperare alle richieste dell’Autorità, da quella che invece può essere una condotta pur sempre non satisfattiva delle richieste, ma comunque non di ostruzionismo.

Da ultimo si sottolinea che con sentenza n. 24133 la Cassazione civile sez. II, 28/12/2012, ha precisato che il proprietario di un veicolo, in quanto responsabile della circolazione dello stesso nei confronti della P.A. o dei terzi, è tenuto sempre a conoscere l’identità dei soggetti ai quali affida la conduzione e, di conseguenza, a comunicare tale identità all’autorità amministrativa che gliene faccia legittima richiesta, al fine di contestare un’infrazione amministrativa; l’inosservanza di tale dovere di collaborazione è sanzionata, in base al combinato disposto degli artt. 126 bis e 180 C.d.S., alla luce di quanto espressamente affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 27 del 2005, senza che il proprietario possa sottrarsi legittimamente a tale obbligo, in base al semplice rilievo di essere proprietario di numerosi automezzi o di avere un elevato numero di dipendenti che ne fanno uso. Il giustificato motivo deve essere provato con documenti ma anche con testimonianze.
Con la pericolosa conseguenza che, nel caso di eventuale incapacità d’identificare detti soggetti, il proprietario necessariamente, salvo le esimenti del “giustificato motivo” (identificato ad esempio nella sottrazione illecita del mezzo oppure nella situazione di ignoranza imprevedibile di conoscere l’identità del conducente nonostante l’attivazione delle misure idonee atte a prevenire l’inosservanza di detto dovere di conoscenza- situazione molto difficile da sostenere ad esempio per un trasportatore rispetto ai suoi autisti), risponde a titolo di colpa per negligente osservanza del dovere di vigilare sull’affidamento dell’automezzo, per non essere stato in grado di adempiere al dovere di comunicare l’identità del conducente (Cass. Civ. n. 13748/2007 e Cassazione civile sez. II, 17/06/2010, n. 14649).

Invitiamo, pertanto, a porre attenzione nell’affidamento del proprio automezzo e soprattutto a non sottovalutare l’obbligo di comunicazione dei dati del conducente ex art. 126 bic CdS, nel momento in cui venga notificato un verbale di accertamento di sanzione amministrativa contenente la sanzione accessoria della decurtazione di punti dalla patente.