Nel rapporto di lavoro le comunicazioni tra le parti e nel caso in esame del dipendente verso il suo datore di lavoro sono importanti e vanno fatte nei tempi e nei i modi corretti. In caso di assenza del dipendente arrestato fra l’altro per motivi estranei alle mansioni lavorative, le comunicazioni vanno fatte comunque, al fine di giustificare detta assenza che altrimenti può portare il datore di lavoro a decidere di licenziare legittimamente il lavoratore.
La decisione in esame (Corte di Cassazione Sez. Lav. Sentenza 16 maggio 2023 n. 13383) tratta un argomento interessante in punto di misure restrittive della libertà e oneri di informazione da parte del soggetto interessato verso il suo datore di lavoro.
Il caso esaminato riguarda la legittimità del licenziamento, per assenza ingiustificata di oltre tre giorni (alla data della contestazione l’assenza era superiore a due mesi), di un lavoratore in carcere che non si era premurato di avvertire il datore di lavoro delle ragioni della sua assenza.
In particolare, confermando la sentenza di primo grado, la Corte d’appello di Lecce sezione lavoro, ha respinto l’appello del dipendente. Infatti, sussiste sempre in capo al lavoratore, che si assenti dal lavoro, l’obbligo di comunicare al datore i motivi dell’assenza, con qualsiasi modalità, purché tempestiva ed efficace, oltre che esaustiva, cioè completa dei motivi e della durata dell’assenza, anche per consentire al datore di organizzare il servizio in mancanza del lavoratore assente.
La Corte territoriale ha ritenuto che non rilevasse né che il lavoratore fosse assente dal servizio perché ristretto in carcere, in virtù di sentenza definitiva per reati non commessi nell’esercizio delle sue funzioni, e posto in isolamento per quattordici giorni per contenimento della diffusione del contagio da COVID-19, senza avere la possibilità di avvisare alcuno, né che il datore di lavoro fosse a conoscenza del fatto a seguito di comunicazione di un collega del ricorrente, che aveva appreso informalmente la notizia dalla moglie dello stesso, in quanto resa verbalmente, per di più generica e quindi incompleta e pertanto non idonea a giustificare l’assenza né a consentire al datore di lavoro di organizzarsi.
Contro tale decisione il lavoratore impugnava e proponeva ricorso per cassazione.
La Corte di Cassazione ha confermato la correttezza della decisione della Corte d’appello che ha motivato il proprio convincimento in ordine alle caratteristiche che deve possedere la comunicazione del lavoratore circa l’assenza dal servizio ovvero tempestiva, efficace ed esaustiva, nel senso di indicare i motivi dell’assenza e la sua durata presumibile, per essere funzionale, così da consentire al datore di approntare la sostituzione con altro personale secondo le necessità della sua impresa e comunque di riorganizzare il servizio in mancanza del lavoratore assente.
In particolare, secondo la Corte di cassazione, nel caso di specie, il fatto che il superiore gerarchico del lavoratore posto in arresto avesse appreso informalmente dalla moglie del lavoratore la circostanza che lo stesso era in carcere, non poteva assumere rilievo perché l’informazione era incompleta ed inidonea a consentire al datore le valutazioni di competenza, difettando la ragione dell’arresto, la natura (cautelare o definitiva) e la durata (breve o lunga) della carcerazione.
In sintesi il licenziamento per assenza ingiustificata del lavoratore in carcere che abbia omesso di comunicare al datore la sua assenza nei modi di legge è stato ritenuto legittimo.
NEWSLETTER 8/2023